Semi al vento - Forum di incontro e discussione

Sabato, domenica e lunedì, Commedia di E. De Filippo

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view post Posted on 10/1/2006, 00:47     +1   -1





“ Sabato, domenica e lunedì “: tre giornate a ciascuna delle quali è dedicato un atto;
tre giornate in cui la tranquilla e laboriosa esistenza di una famiglia della piccola borghesia napoletana, rischia di essere sconvolta dalla accensione di una infondata gelosia.
Anche qui, come nella commedia “ Natale in casa Cupiello “, si assiste ad un rito: la preparazione d’ “ ‘o rraù “. Questo tradizionale piatto partenopeo, preparato con sapienza e amore dalla protagonista, Rosa Priore, ha nella vicenda scenica un antagonista in un’altra
pietanza: certi maccheroni alla siciliana, che Peppino Priore, il marito di Rosa, aveva incautamente lodato dopo averli gustati ad un pranzo offertogli dalla giovane nuora.
Questi elogi suscitano in Rosa , che si ritiene e non a torto, una cuoca insuperabile, un risentimento duro a morire. Durerà difatti quattro mesi, durante i quali si insinuerà, nella mente di Peppino, il sospetto che la freddezza e la scontrosità della moglie nei suoi confronti,
siano dovute alla simpatia che le ispira il ragionier Ianniello, il quale elogia continuamente le virtù culinarie di Rosa. Questa gelosia, esasperandosi, raggiunge un effetto aberrante:
Peppino,ormai convinto del tradimento della moglie, medita di uccidere il ragioniere.
Fortunatamente , il suo tormento esplode, proprio durante il pranzo domenicale, mentre sono riuniti attorno al tavolo, elegantemente imbandito, tutta la famiglia e i coniugi Ianniello.
Dopo le mezze frasi, le avvelenate allusioni, Peppino accusa apertamente la moglie di intendersela con il ragioniere. Si scatena il finimondo; Rosa si difende come una leonessa, ma sviene ed è Giuliana, la figlia, ad aprire gli occhi al padre, dimostrandogli che fra lui e la moglie non vi è mai stata una vera comunicazione. Ognuno di loro, aveva tenuto dentro il
proprio “rospo”, interpretando male gli atteggiamenti uno dell’altro. Il lunedì la vita torna alla normalità: i due coniugi finalmente si parlano con il cuore in mano e scoprono di essersi sempre voluti bene e di quanto sia profondo e forte il loro amore. Peppino chiede scusa al ragioniere, offrendogli nuovamente la sua incondizionata e serena amicizia.





Sabato. Ampia e linda cucina. Presso il tavolo centrale, c’è donna Rosa che sta preparando il rituale ragù. Sta legando il girello, “il pezzo d’annecchia” di cinque chilogrammi, che dovrà allietare la mensa domenicale. Virginia, la cameriera, gomito a gomito con la padrona, affet-
ta cipolle; ne ha già fatto un bel mucchio, ma ne deve affettare ancora. La poverina ogni tanto si asciuga le lacrime o con il dorso della mano o con l’avambraccio: ma continua stoicamente il suo lavoro.

Rosa:- Hai fatto?-
Virginia (piagnucolando) :-Devo affettare queste altre due.-
Rosa:- E taglia, taglia… fai presto.-
Virginia:- Signo’, ma io credo che tutta questa cipolla “abbasta”.-
Rosa :- Adesso mi vuoi insegnare come si fa il ragù? Più ce ne metti di cipolla più aromatico e sostanzioso viene il sugo. Tutto il segreto sta nel farla soffriggere a fuoco lento.
Quando soffrigge lentamente, la cipolla si consuma fino a creare intorno al pezzo di carne una specie di crosta nera; via via che ci si versa sopra il quantitativo necessario di vino bianco, la crosta si scioglie e si ottiene così quella sostanza dorata e caramellosa che si amalgama con la conserva di pomodoro e si ottiene quella salsa densa e compatta che diventa di un colore palissandro scuro quando il vero ragù è riuscito alla perfezione.-
Virginia:- Ma ci vuole troppo tempo. A casa mia facciamo soffriggere un poco la cipolla, poi ci mettiamo dentro pomodoro e carne e cuoce tutto assieme.-
Rosa :- E viene carne bollita col pomodoro e la cipolla. La buonanima di mia madre diceva che per fare il ragù ci voleva la pazienza di Giobbe. Il sabato sera si metteva in cucina con la cucchiaia in mano, e non si muoveva da vicino alla casseruola nemmeno se l’uccidevano.
Lei usava o il “tiano”di terracotta o la casseruola di rame. L’alluminio non esisteva proprio.
Quando il sugo si era ristretto come diceva lei, toglieva dalla casseruola il pezzo di carne di “annecchia” e lo metteva in una sperlunga come si mette un neonato nella “connola”, poi situava la cucchiaia di legno sulla casseruola, in modo che il coperchio rimaneva un poco
sollevato, e allora se ne andava a letto, quando il sugo aveva “peppiato” per quattro o cinque ore. Ma il ragù della signora Piscopo andava per nominata.-
Virginia (compiacente) :- Certo, quando uno ci tiene passione-
Rosa:- E quello papà, se non trovava il ragù confessato e comunicato faceva rivoltare la casa.-
Virginia:- Povera mamma vosta!-
Rosa:- Ma era pure il tipo che ti dava soddisfazione. Venivano gli amici e dicevano “ Signo’, ma come lo fate questo ragù che fa uscire pazzo costro marito? L’altra sera ci ha fatto una testa tanta…E il ragù di mia moglie sotto, e il ragù di mia moglie sopra…” e mammà tutta
contenta l’invitava; e quando se ne andavano dicevano “ Aveva ragione vostro marito”.
E si facevano le croci.-

Atto secondo, Domenica, seduti a tavola.

[…] Rosa:- Ma quale pazienza? Ma che stai sopportando? Perché la pazienza tua è arrivata al massimo?-
Peppino:- Mi capisco io.-
Rosa:- E dobbiamo capire pure noi.-
Peppino (sul punto di esplodere ):- Rusi’, è meglio ca nun parlo, se no muore Sansone con tutti i “Filisdei”.-
Rosa (scattando) :- Ma chi sono sti “Filisdei”? Che c’entrano sti “Filisdei”? Parla chiaro.-
Peppino (intuisce la piega che potrebbe prendere la discussione, in tal modo impostata, e vorrebbe ripiegare su posizione di compromesso) :- Io me ne volevo andare appunto per non arrivare a questo. Ne parliamo stasera, Rusi’, adesso non è il caso.-
Rosa (ha intuito in tutta la sua gravità il movente che ha provocato la reazione del marito e pur trovandolo assurdo e inconsistente si mostra ora irremovibile nel chiedere sul momento una esauriente chiarificazione dei fatti) :- E perché stasera? Che ci abbiamo i segreti noi? Parla.
Io ti sento. E possono sentire tutti quanti. Parla.-
Peppino :- Con i figli presenti?-
Rosa (istintivamente si mette le mani in faccia, come per nascondere lo stupore che hanno suscitato in lei le parole di Peppino) :- Uh, Madonna mia! O ci stanno i figli o non ci stanno i presenti, non è la stessa cosa?-
Peppino (non gli reggono i nervi e decide di vuotare il sacco) :- Io per questa donna non esisto più, mi tratta come se fossi un servitore. La mattina quando esco di casa per andare al negozio non se ne accorge nemmeno. Quando torno a casa io la saluto, sì e no mi risponde
con la testa voltata dall’altra parte. Una volta era lei che mi preparava la camicia pulita, i pedalini, il fazzoletto… adesso me la debbo cercare io questa roba, e spesso, per non perdere tempo, esco con la camicia del giorno prima. Da quattro mesi donna Rosa si è cambiata nei
miei confronti. Non mi parla più. Se la interrogo, appena appena risponde. Tutto quel che faccio io è mal fatto, non mi posso muovere che le do fastidio. Insomma un insieme di cose che mi dicono chiaramente quanto e come navighiamo io e lei in un mare torbido e infetto.-
Rosa :- Addirittura…-
Zia Memè:- Non essere esagerato, Peppi’.-
Cefercola :- Fra marito e moglie per motivi di convivenza si vengono a determinare stati d’animo simili a questo. Ma poi si parla… “Io così, tu così…” e si ristabiliscono i rapporti di una volta.-
Rosa:- Ma qua non si tratta di “io così, tu così…” Don Peppino non ha detto tutto quello che voleva dire…-
Peppino (ironico):- L’hai capito, è vero, Rusi’? Il rospo in corpo te lo senti-
Rosa :- Ognuno si tiene il rospo suo. E se il tuo ti dà fastidio e ti mette in condizioni di fare la figura di Pulcinella che stai facendo, peggio di tuo fratello che adesso se n’è andato, fallo uscire fuori. Il mio me lo tengo e sta bene dove sta.-
Peppino (repentinamente si rivolge con ammirazione verso la sorella) :- Ame’, quanto ti stimo. Come avevi ragione poco fa, e come è stata aperta, limpida la tua vita. Invece eccola là mia moglie, la vedete? Tutta profumata di colonia, tutta ingioiellata… pure l’anello di fidanzamento si è messo, e il bracciale che le regalai per la nascita di Roberto… Vergogna! E con il golf turchese che si è fatta regalare dal ragionier Ianniello. E io seduto qua (batte con violenza la mano sul tavolo) fesso fesso , in continua ammirazione di questa tresca schifosa!-
…Rosa (energica e decisa raggiunge i signori Ianniello, li ferma per non farli uscire) :- No, voi dovete restare… E per quale ragione dovete uscire da casa mai? Qua ci stanno i figli… (Giulianella entra incuriosita e si mette in ascolto) Giuliane’, vieni pure tu… Mamma toia se l’intende col ragioniere. Così ha detto papà. E tu non dici niente? Maria Carolina, tu
nemmeno parli? Rucchetie’, tu non te n’eri accorto che mammà faceva l’amore col ragioniere? (rivolta la marito con piglio altero) Tu te ne devi andare, no il ragioniere che è una cara persona. I miei figli sanno chi sono e come la penso io. Tu no. Tu non vedi niente: né come
ho cresciuto i figli né come ho portato avanti una casa. (le parole e l’impeto con cui la donna le dice la esaltano fino al punto da renderla completamente irresponsabile dei gesti grotteschi
che compie) Vicino a questi mobili (e batte le mani vicino alla credenza e tutto intorno ad essa) ci sta la salute di donna Rosa Priore. Ho sputato sangue su questi pavimenti (e si curva fino a terra in un gesto dimostrativo che riduce il suo corpo piegato in tre) per mantenerli
puliti e lucidi. Così.- (e strofina le mani sulle mattonelle, ripetutamente, con testardaggine).
Zia Memè (accorrendo verso la cognata) :- Rusi’, ma che sei impazzita?-

E insieme agli altri sollevano Rosa e la circondano per calmarla.





Rosa (livida e tutta tremante di sdegno):- Sapete qual è stato tutto il fastidio che lui ha avuto per i figli? “E’ nato Robertino?” “Un bracciale”. (ed esagera il gesto con cui Peppino le presentava il dono) “E’nato Rocco?” (C.s.) “Un laccio d’oro”. “Qua sta Giulianella”. “Lo spillo
di brillanti”. E poi indifferenza, strafottenza, disprezzo… (e stiracchia le parole per trovare un’offesa appropriata che la possa liberare dal senso di nausea che avverte per il marito.
Poi si arrende e risolve alla meglio) Nun me fido d’’o vede’ cchiù! (e grida) Vattene!
(finalmente trova il modo di rendere la pariglia al marito, e lo mette subito in pratica. Con gesto rapido si toglie il bracciale e lo getta con disprezzo ai piedi di Peppino.) Questo è Roberto… teh! (si toglie il laccio d’oro) Questo è Rocco! (e ripete il gesto del bracciale) E questo...
(lo spillo resiste, ma lei riesce a toglierlo dal petto) è Giulianella. Io non ho bisogno di oggetti per ricordarmi che ho fatto i figli con te. Tu ti devi ricordare che li hai fatti con me.(si toglie l’anello di fidanzamento) E questo è l’anello di fidanzamento. (pure l’anello finisce ai piedi di
Peppino) Ricordati l’invito a colazione che mi facesti alla casina rossa a Torre del Greco e quello che mi dicesti a tavola. (prorompe in lacrime e chiama a sé il figlio)
Robè, bello ‘e mammà. (Roberto accorre al richiamo ). Viene ‘a cca’. (abbraccia suo figlio e lo tiene avvinto a sé in una stretta insolita che disorienta gli astanti e Roberto stesso. Poi lo accarezza e lo bacia ripetutamente e gli tasta le braccia e il torace, come per convincere se stessa che il figlio sia in quel momento una presenza viva e reale) Figlio mio… io e te simme vive pe’ miracolo.
Hai capito? Pe miracolo ci troviamo al mondo.-
Roberto:- Mammà!-
Rosa (si sente mancare, strabuzza gli occhi e si piega sulle gambe, in un ultimo sforzo riesce a raccogliere tute le sue forze per dire) :- Robe’, aiutami.- (chiude gli ochhi dolenti e abbandona la testa stanca sul petto del figlio).
Roberto (seriamente allarmato ne dà il grave annunzio intorno)
:- Mammà è svenuta.-
Giulianella (sperduta balbetta):- Dotto’?-
Cefercola:- Non vi spaventate. E’ cosa da niente. (e si avvicina a Rosa).
Zia Memè:- Ma sono cose dell’altro mondo. Quella Dio lo sa la salute che tiene. Dotto’, portiamola in camera sua.-
Cefercola:- Si, è meglio. (Maria Carolina, Roberto e Giulianella sostengono Rosa e la conducono in camera sua. Cefercola a zia Memè):- Avete una siringa?-
Zia Memè:- Io so dove sta. Faccio bollire l’acqua.- (esce).
Peppino (che fino a questo momento è rimasto inchiodato al suo posto e chiuso in una convinzione che man mano ha perduto consistenza e valore realistico, ora si rende conto della gravità del
momento e smaltisce la sua follia schiaffeggiandosi ripetutamente)
:- Maledetta la vita mia!
Maledetta! Maledetta!-.






Terzo atto, Lunedi
…..Peppino (dopo una lunga pausa ha cercato di indovinare l’umore della moglie scrutandola furtivamente, finalmente trova modo di superare il disagio in cui si trova e chiede a Rosa con tono pacato)
:- Come ti senti?-
Rosa:- Non c’è male.-
Peppino :- Rosi’, io ti volevo parlare.-
Rosa:- E parla. Io sto qua e ti sento. Però statte accorto a quello che dici perché sto debole e il dottore ha detto che non posso avere dispiaceri. (non può proseguire, si sente mancare, per cui
raccoglie ogni residuo di energia per chiedere soccorso) ‘O ‘j’, ‘o ‘j’… adesso me lo fa un’altra volta… la casa mi gira torno torno.-
Peppino (allarmatissimo):- Ch’è stato?-
Rosa :- Niente, niente… (con un filo di voce chiama) Ame’, aiutami-.
Peppino:- E ci sto io qua, che c’è bisogno di Amelia.- (si avvicina a Rosa e le prende una mano per tenerla affettuosamente stretta nelle sue).
Rosa (si riprende):- E’ passata. Ma quando mi piglia perdo completamente i sensi. Dunque, tu che mi volevi dire?-
Peppino:- Forse non è il momento, tu stai troppo debole e non ti voglio sottoporre alla fatica di starmi a sentire.-
Rosa:- Forse è meglio.Tu adesso te ne vai al negozio a fare i fatti tuoi, quando torni stasera, se mi sento meglio, ci chiudiamo in camera nostra e ci facciamo la solita chiacchieratella.-
Peppino:- E ci raccontiamo cose inutili come abbiamo fatto fino adesso. Noi, io e te, siamo stati tanti anni insieme, abbiamo fatto tre figli, e non siamo riusciti a raggiungere quell’intimità che ti fa dire pane al pane, vino al vino. Sì, parliamo delle malattie: “io mi sento questo tu
ti senti quello”, ci raccontiamo i sogni che ci facciamo la motte, ma le cose serie o le fissazioni che ci vengono, magari per un atteggiamento malamente interpretato, per una parola capita male, quelle ce le teniamo in corpo e ne parliamo solamente quando ci siamo avvelenati il fegato e il sangue.-
Rosa:- Allora ne vuoi parlare adesso? Non vuoi aspettare stasera?-
Peppino:- Non posso aspettare, non è che non voglio. Rusi’, io tengo nu nodo qua, alla gola, che solamente parlando chiaramente con te si puo’ sciogliere e posso respirare con soddisfazione un’altra volta. Io ieri mi sono regolato come un trappano, come l’essere più rozzo e più
schifoso della terra. E il fatto di avere chiesto scusa al ragioniere in presenza di tutti quanti non è bastato; mi sento ancora sotto il peso di un avvilimento che difficilmente potrò superare.-
Rosa:- Ma come hai potuto credere una cosa simile, e come hai potuto fare la scenata che hai fatto ieri?-
Peppino:- Una gelosia, Rosina mia, che non mi faceva dormire la notte. Una gelosia ossessionante, feroce, che certe volte mi faceva salire il sangue alla testa, fino a togliermi la ragione, la vista, l’udito. Quando si dice “la benda”: io veramente mi sono sentito una benda sugli occhi.
Arrivavo ad essere scortese con la clientela, perché in certi momenti tutti quelli che entravano in negozio diventavano tanti ragionieri. Per la strada parlavo da solo, dicevo “Ma perché questo ridicolo si permette di fare tante gentilezze a Rosina? Non perde un’occasione per mettermi
in uno stato d’inferiorità. Mia moglie è priva di parlare, di esprimere un desiderio che lui immediatamente si precipita per accontentarla. Si ricorda tutte le date, tutte le ricorrenze liete della mia famiglia, l’onomastico tuo, il compleanno, la data del nostro matrimonio…”






E questo sarebbe niente, Rusi’: quello tiene segnata la data del nostro fidanzamento: E si ricorda i dolci che piacciono a te, i fiori, i colori delle stoffe che tu preferisci. (imitando il tono civettuolo di sua moglie nell’esprimere le sue predilezioni in presenza del ragioniere) “ Le rose di maggio li piacciono assai”, questo per esempio, durante una conversazione insignificante che avevamo fatto nel mese di febbraio… Neh, quello tre mesi dopo, come si può fare, tre mesi dopo, si presenta
qua con un mazzo di rose di maggio per te. Il pesce d’Aprile, l’uovo di Pasqua con la sorpresa, le prime albicocche, i primi fichi d’india. Tu dicesti che ti piaceva il torrone?
Embè, quello fu capace di intossicarmi il due di novembre. Torno a casa e tu mi facesti vedere il pacco di torrone che aveva mandato lui: “Quanto è gentile il ragioniere! Si è ricordato che il torrone mi piace assai”.
Io presi il pacco di torrone che avevo comprato per te e non te lo feci vedere, lo tengo ancora nel tiretto dello stipo a muro. Poi pensavo: ”Tutti questi desideri mia moglie li esprime quando c’è lui…allora significa che vuole provocare le premure di questo signore…” Se dobbiamo parlare chiaro, con quella intimità che ti accennavo prima, lo dobbiamo fare con tutta sincerità e senza riserva. Rusi’, io sono arrivato al punto che in certi momenti… te lo ricordi lo stanzino nel retrobottega del negozio? Dove ci sta l’aspirapolvere, gli stracci e lo scatolo della
cera? Rusi’, mi chiudevo la dentro e mi mettevo a piangere come un bambino e per la rabbia mi pigliavo a schiaffi.
Poi mi buttavo l’acqua in faccia e mi sciacquavo gli occhi per non far
capire niente agli impiegati. Una gelosia furibonda che non auguro nemmeno al mio più grande nemico.-
Rosa (ha seguito con attenzione le parole di Peppino. Si è compenetrata nella sofferenza di lui, ha colto ogni sfumatura di quel sentimento e ne ha sentito un’infinita tenerezza. Ora guarda il suo uomo con dolcezza e protezione materna.
Dopo un breve silenzio comincia a sorridere come per ironizzare intimamente se stessa: e finalmente esclama) :- Giesù, ma non è possibile.
Tutta questa gelosia per me? Peppi’, io tengo cinquantatre anni e tu cinquantasette… (breve pausa).
’O ragioniere se metteva a perdere tempo cu me? Ma chi vuo’ ca me guarda, Peppi’?-
Peppino :- E tutte le gentilezze?-
Rosa :- Uh, guardate…io so’ na femmina anziana…’o ragioniere è tanto corretto; le gentilezze che faceva a me le faceva pure in omaggio all’amicizia tua.-
Peppino :- Ma come, io sono privo di raccontare un fatto che m’interrompi continuamente o per dare un ordine alla cameriera, o per dire una cosa a Giulianella… e quando parla il ragioniere stai tutta orecchi e non ti sfugge una parola? Quando racconta una barzelletta stupida, lui, tu ti fai un sacco di risate, se la racconto io, nove volte su dieci:”Scusa, non ho capito… stavo distratta” o dici “Sì, sì, la sapevo; l’ha raccontata l’altra sera Rocco”-.
Rosa :- Embè, tu dici che si deve raggiungere l’intimità fra di noi e poi ti dispiace che io mi alzo e me ne vado mentre tu stai parlando? Il ragioniere è una persona estranea, si capisce che quando parla uno deve mettere attenzione a quello che dice. Ma se tu sapessi quante volte lui
parla e io penso a un’altra cosa. Tanto è vero che quando ha finito di parlare io non ho capito proprio niente di quello che ha detto-.
Peppino :- Allora quando uno diventa intimo deve essere trattato come un servitore?-.
Rosa :- Perché, io ti tratto come un servitore?-
Peppino:- Rosi’, io non sono un pazzo. Se il fatto del ragioniere è stato il frutto di una mia impressione sbagliata, come così è, ne sono sicuro, allora per quale ragione da tre o quattro mesi tu ti sei cambiata nei miei confronti, fino al punto che non t’interessi più alla mia persona nemmeno per prepararmi la camicia pulita, un fazzoletto, un paio di pedalini.
Una volta, quando andavo al negozio la mattina, uscivo dal portone, guardavo il balcone e tu stavi affacciata per salutarmi, fino a quando giravo la strada, e da quattro mesi non ti sei affacciata più-.
Rosa (con evidente riserva mentale):- E vuol dire che da oggi in poi ti preparo un’altra volta la camicia pulita, il fazzoletto e i pedalini… e quando esci dal portone e guardi sul balcone mi trovi affacciata. Ah, e quando racconti un fatto io lascio la cucina, i figli, tutto quello che sto
facendo e mi metto a sentire a te che parli.-
Peppino (avverte la frecciata e reagisce) :- No, Rusi’. Si parle accussì me piglio ‘o cappiello e me ne vado. La camicia pulita me la può preparare pure la cameriera… Certi giorni me l’ha preparata Giulianella. Bene o male me la sono preparata io stesso, o Giulianella, o la cameriera,
la camicia pulita l’ho trovata quasi sempre. Ma perché non me la prepari più,questo è il punto.-
Rosa:- Se non te la preparo più, te ne accorgi e mi fai l’appunto. Se poi te la preparo è una cosa naturale, un’abitudine qualunque che non va presa nemmeno in considerazione.-
Peppino:- Allora il mal’animo lo tieni contro di me.-
Rosa :- Mal’animo no. Ma m’era sembrato che tutte le cure e le attenzioni che ti facevo non venivano né riconosciute né apprezzate. E tu devi riconoscere che sei stato un poco strafottente nei miei riguardi. Ci siamo sbagliati tu da una parte e io dall’altra. Ma da questo a dire che io me l’intendevo col ragioniere! Vieni qua Peppi’, io sto debole e non mi posso alzare. Siediti vicino a me. (Peppino siede di fronte a Rosa) Tu sei stato sempre un pazzo.-
Peppino :- Io?-
Rosa :- E perciò me si’ piaciuto. Te pare che con quello che c’è stato fra noi: sacrifici amarezze e lotte da quando ci siamo conosciuti, e tre figli… alla vecchiaia io uscivo pazza e me mettevo c’’o ragioniere.-
Peppino :- Ma questo lo abbiamo assodato, è stata una mia supposizione.-
Rosa :- Però l’hai supposto, e questo è brutto. Non ti permettere più di pensare una cosa simile.
Io ho conosciuto un solo uomo e si’tu. Non sono stata mai una bella donna da portare gli uomini innamorati appresso, nemmeno quando ero giovane, figuriamoci adesso che me so’ fatta vecchia e so’ridotta ossa e pelle. Tu vuoi sapere perché mi sono cambiata nei tuoi confronti, e non ti ho preparato più la camicia pulita, i pedalini, ‘o fazzoletto…T’è dispiaciuto? E io si te vulevo fa’ nu piacere te ne preparavo due, una per la mattina e un’altra per il giorno appresso. Capisco
benissimo che quando la moglie prepara la camicia pulita la marito è come continuasse a dire senza parlare “La biancheria tua la devo toccare io sola, e tu la fai toccare solo a me pecchè me
vuo’ bene come te voglio bene io”. Ma non te l’ho preparata più per dispetto. E se tu mi domandi perché, io non ti posso rispondere, la ragione può essere insignificante e importante.
Non sono bella, non sono giovane, ma so’ femmena pur’io. Io ti posso dire solamente che non ti ho più preparato la camicia per la stessa ragione che te la preparavo prima: perché te voglio
bene Peppi’.-
Peppino (emozionato e rapito del tono dolcissimo e sentito con cui Rosa ha pronunciato le ultime parole) :- E dici che non sei bella? Tu non sai che sono diventati gli occhi tuoi quando hai
detto “Te voglio bene”. E perché non dovrei essere geloso? E se un altro ti vede come ti vedo io? Io ti guardavo negli occhi mentre parlavi e mi sono ricordato di quando sul Municipio mi
guardasti prima di dire “Sì”.-………
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… E secondo me, questa è una delle più belle dichiarazioni d’amore che un uomo possa fare alla sua donna.
Ci si legge pudore dei propri sentimenti, amore profondo, gelosia, tenerezza…
Sentirsi e vedersi bella, femmina e desiderata, attraverso gli occhi di chi ti guarda e ti ama…
Come non amare Eduardo, che sa disegnare con mirabile morbidezza psicologica i caratteri dei due protagonisti della commedia, tra le più belle che ha scritto?
All’epoca in cui andò in scena (1959), l’aggettivo “poetica”, fu usato senza risparmio.
Questa commedia venne scritta dopo anni di crisi, in cui sembrava che la vena creativa dell’artista fosse in via di esaurimento, rispetto al meraviglioso triennio subito dopo la guerra, quando
scrisse i capolavori “Napoli milionaria”, “Questi fantasmi” e “Filumena Maturano”.
L’attrice principale è una “certa” Pupella Maggio, attrice poco conosciuta, anche se già vicina alla cinquantina. Il suo vero nome è Giustina, ma pochi lo sanno.
Da bambina era piccolina e la chiamavano “Pupella” (bambolina).Poi è cresciuta d’età, ma è rimasta una donna minuta e
il soprannome le si è stampato addosso.Figlia d’arte, partorita in un camerino del teatro Orfeo di Napoli, fu buttata sul palcoscenico all’età di tre anni.
La sua vita è stata molto dura all’esordio, come per la maggior parte degli attori dialettali di inizio secolo: prove e spettacoli in continuazione, viaggi faticosissimi, a volte la fame. La scuola fino alla seconda elementare, poi un’istruzione sommaria maturata dietro le quinte dei teatri.
Tante serate, tanti camerini, tanti pubblici di seconda categoria…
Poi, ben oltre i quarant’anni,quando già la vita sembrava costretta in
quei binari angusti, l’ingresso nella Compagnia Scarpettiana. Quindi il lavoro accanto ad Eduardo, lo scavo sottile nei personaggi che erano già stati di Titina.Infine quella splendida figura di donna, che è Rosa Priore: una grande protagonista, tutta sensibilità, intelligenza e passione.Una donna - moglie - madre non più giovane, non bella, né tantomeno civetta, ma capace di accendere la gelosia del suo uomo che per amore la vede ancora giovane, bella e civetta.
Dopo di lei, saranno in tante a recitare quel personaggio, almeno una ventina in altrettanti Paesi.
A Londra, negli anni settanta, Rosa Priore avrà il volto di Joan Plowright, in scena per due strepitose stagioni con la regia di Franco Zeffirelli e poi ancora sugli schermi televisivi, con la regia di suo marito, Laurence Olivier.
La rappresentazione ottenne successo di pubblico e di critica. Critica di un Paese di altissima civiltà teatrale, avvezza ad esprimere il proprio consenso col contagocce e che, tuttavia, in quella occasione, fece ricorso ad una eccezionale lista di superlativi per rendere omaggio alla qua-
lità del testo. Per questa Opera erano state preventivate ventinove repliche; divennero trentasei e al termine delle rappresentazioni ventiquattromila richieste di biglietto restarono insoddisfatte. Perciò Laurence Olivier decise di trasferire la commedia, dall’Old Vic, sulla scena del Magesty’s Theatre nel West End, diventato uno “Stabile” eduardiano nella capitale inglese.


Nel 1990 il personaggio di Rosa Priore verrà interpretato anche dalla bellissima Sofia Loren.

Il film girato per la televisione (e incomprensibilmente uscito sugli schermi solo in Francia) è frai più riusciti di Lina Wertmuller, grazie anche alla sceneggiatura messa a punto da Raffaele La Capria, che - fra l'altro - renderà assolutamente credibile un Peppino Priore più giovane della moglie, interpretato da un bravissimo Luca De Filippo.


(Questa parte di commedia e le considerazioni che seguono, le scrissi lo scorso anno sul forum che frequentavo e siccome questa è una famosa commedia di Eduardo, ho pensato fosse giusto che la riportassi sul nostro Forum... Ho copia - incollato di mio... :whist: )


Edited by filu' - 2/5/2012, 11:08
 
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filu'
view post Posted on 1/5/2012, 10:40     +1   -1




Mi sono persa questa versione! Come è successo? Boh! Per fortuna esiste Yt e qualcuno che l'ha pubblicata!
"Sabato, domenica e lunedi", regia teatrale di Toni Servillo, regia televisiva di Paolo Sorrentino.
Raidue Palcoscenico e RaiTrade, una produzione Teatri Uniti
Anno: 2003
E questa sera vedrò la versione di Massimo Ranieri... :uhm:


Video



Regia teatrale: Toni Servillo
Scene: Toni Servillo, Daniele Spisa
Costumi: Ortensia De Francesco
Luci: Pasquale Mari
Regista collaboratore: Francesco Saponaro
Direzione di scena: Teresa Cibelli
Datore luci: Lucio Sabatino
Assistenti ai costumi: Jessica Zambelli, Roberta Nicodemo
Oggetti di scena: Alessandra Cutolo
Fotografia: Mario Amura, Pasquale Mari
Montaggio: Giogiò Franchini, Maria Valerio
Aiuto regia: Cinzia Castania
Regia televisiva Paolo Sorrentino

Personaggi e interpreti

Rosa Priore: Anna Bonaiuto
Virginia, cameriera: Alessandra D'Elia
Peppino Priore: Toni Servillo
Rocco, figlio di Peppino e Rosa: Roberto De Francesco
Federico, amico di Rocco: Enrico Ianniello
Antonio Piscopo, padre di Rosa: Gigio Morra
Giulianella, figlia di Peppino e Rosa: Monica Nappo
Amelia Priore, sorella di Peppino: Betty Pedrazzi
Attilio, figlio di Amelia: Tony Laudadio
Raffaele Priore, fratello di Peppino: Marcello Romolo
Luigi Ianniello: Francesco Silvestri
Elena, moglie di Luigi: Mariella Lo Sardo
Catiello, il sarto: Enrico Ianniello
Michele, fratello di Virginia: Salvatore Cantalupo
Maria Carolina, moglie di Roberto: Sabina Cangiano
Roberto, figlio di Peppino e Rosa: Antonello Cossia
Dottor Cefercola: Antonio Marfella

E qui c'è il film della Wertmuller, che nelle sale cinematografiche italiane non è mai uscito.
Questi sono documenti da salvare!