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"Infibulazione"

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filu'
TOPIC_ICON13  view post Posted on 11/5/2005, 16:36     +1   +1   -1





Ho trovato questo articolo che fu pubblicato sulla Repubblica il 12-02-2000.
Lo trovo interessante ed "illuminante", scritto da un giornalista che reputo sensibile ed obbiettivo.


Il dramma dell'infibulazione - In Italia il primato europeo di mutilazioni sessuali

di Magdi Allam

Roma - L'Italia è ormai il primo paese in Europa per il più alto numero di donne infibulate. Tra le 20 e le 30 mila donne immigrate hanno subito una mutilazione genitale e circa 5 mila bambine rischiano la stessa sorte. Per la prima volta dei medici italiani stanno per pubblicare uno studio scientifico sulla loro esperienza con le donne mutilate. Aldo Morrone, responsabile del Servizio di medicina preventiva delle migrazioni, del turismo e di dermatologia tropicale dell'ospedale San Gallicano di Roma, anticipa a Repubblica i risultati della ricerca:

«La mutilazione genitale femminile è stata una sorpresa per la classe medica italiana. Quando agli inizi degli anni Ottanta abbiamo osservato i primi casi, per la verità non conoscevamo questa pratica. Il motivo per cui queste donne venivano da noi non era tanto la mutilazione genitale ma perché affette da malattie veneree. Mi colpì il primo caso di una donna somala che aveva avuto un'infibulazione completa. Le chiesi di poter fare una fotografia della lesione e la signora rispose che non c'era alcun problema, per lei era perfettamente normale essere infibulata, per lei quello era il suo stato naturale. Allora capii l'importanza di curare gli aspetti culturali e psicologici».
Dottor Morrone, come è nato questo primo rapporto scientifico sulle donne infibulate residenti in Italia?

«Noi siamo partiti da un'analisi oggettiva che è la presenza di donne infibulate nella nostra casistica che va dal primo gennaio dell'85 al 31 dicembre del '99. Questa casistica è composta da oltre 35 mila persone straniere visitate, di cui più di un terzo sono donne. In Italia le donne originarie dei paesi africani dove vengono praticate le mutilazioni genitali femminili sono circa 41 mila. Sono stati 147 i casi di donne immigrate che abbiamo seguito clinicamente e che avevano richiesto il nostro intervento per lesioni di natura genitale».
Sulla base della sua esperienza come specialista in dermatologia e venereologia come valuta la pratica dell'infibulazione?

«In effetti dal nostro punto di vista la situazione è drammatica perché l'infibulazione viene fatta in condizioni di assoluta mancanza di igiene. È chiaro che ci troviamo ad avere a che fare con degli effetti collaterali molto gravi. A mio avviso la componente medica è certamente importante, cioè bisogna che i ginecologi e i medici di famiglia conoscano il problema. Ma l'unica maniera per risolverlo è di intervenire a livello culturale in modo da garantire una continuità nella cultura di queste persone pur modificando la pratica dell'infibulazione, abolendola, sostituendola con un'altra pratica. Ad esempio, avviene soprattutto nel Ghana, si fa una festa simbolica in cui si simboleggia la mutilazione genitale senza eseguirla realmente».
Nel vostro caso l'approccio transculturale ha portato a dei risultati?

«Dal '92-'93 sono emerse due novità. La prima è stata l'arrivo nel nostro centro di donne che volevano far infibulare le proprie figlie. Lì è stato un problema accoglierle con la solita attenzione e dignità pur spiegando loro che noi non eseguiamo le infibulazioni perché riteniamo che non è corretto mutilare il corpo delle bambine. Non ci siamo limitati a ciò, abbiamo cercato di convincerle a cambiare atteggiamento, a trovare un altro modo. Nella gran parte dei casi ci siamo riusciti. È proprio perché c'è una grande fiducia che sono arrivate a chiederci di far infibulare le figlie. Noi non le abbiamo mai denunciate, ma abbiamo cercato di accogliere questa loro istanza modificandola nel tempo. La seconda novità grave è stata l'arrivo in Italia di bambine somale infibulate e adottate da famiglie italiane, soprattutto a seguito dell'operazione "Restore Hope". All'epoca avevano grossi problemi con la prima mestruazione. Le bambine non ricordavano di essere state infibulate. E i genitori adottivi hanno fatto mille giri prima di arrivare a capire che si trattava di un effetto collaterale dovuto all'ostruzione di cheloidi, di cicatrici. All'inizio è stato vissuto in modo traumatico. I genitori italiani non sapevano neanche dell'esistenza dell'infibulazione. In alcuni casi questo trauma è perdurato perché si è trattato di situazioni con necessità di intervento chirurgico per deinfibulare, eliminare queste forme di cicatrizzazioni e ricostruire con la chirurgia plastica tenendo conto anche dell'età perché se c'è un'ulteriore fase di sviluppo bisogna poi reintervenire. Comunque dopo il trauma iniziale i genitori italiani sono stati particolarmente vicini alle bambine somale adottive».
Sono stati presentati tre progetti di legge in Parlamento contro la pratica dell'infibulazione. Lei come li valuta?

«A nostro parere non è sufficiente fare una legge contro l'infibulazione ma è necessario che si crei una cultura del corpo, di un nuovo modo di entrare nella comunità che non sia quello della mutilazione genitale femminile. La criminalizzazione dell'infibulazione sarebbe l'errore più grave perché porterebbe a un mercato clandestino dell'infibulazione».
Cosa si fa concretamente in Italia per porre fine alla pratica dell'infibulazione?

«Direi che dell'infibulazione se ne parla tanto allo stesso modo di quanto non si fa nulla. Immaginate che fatichiamo a tener aperto questo nostro servizio pubblico perché l'amministrazione non ci concede neppure un assistente. Ciò succede perché purtroppo se si attua o meno la legge sull'assistenza sanitaria agli stranieri non interessa a nessuno. La verità grave è che in Italia si dice sì alla carità, all'elemosina ma no al diritto uguale per tutti».

«A 10 anni volevo operarmi come tutte le mie amiche» - Fatima, 36 anni: ho sofferto per anni

Roma (m.a.) - «Mia madre non voleva che venissi infibulata, lei aveva sofferto tanto, ma a all'età di dieci anni io non capivo. Ogni giorno piangevo, mi rifiutavo di mangiare, mi ero barricata in casa, non volevo più parlare con nessuno, urlavo in continuazione: "Ti prego mamma fammela fare, voglio essere come tutte le altre mie amiche". Mi sentivo male quando stavo in mezzo alle mie compagne di gioco. Mi prendevano in giro e mi insultavano: "Ma come, sei grande, hai dieci anni e non hai ancora fatto l'infibulazione. Tu non sei una musulmana, sei una cristiana. Sei una puttana. Sei tutta aperta, bisogna chiudere. Una ragazza per bene deve essere infibulata". Ero disperata perché ero diversa dalle mie amiche che sghignazzando mi provocavano: "Se non sei una puttana, facci vedere che sei cucita, ma se sei aperta vuol dire che sei una puttana"».

Fatima Mahamad Abdulleh, nata 36 anni fa a Mogadiscio, ricorda così come avvenne la sua mutilazione genitale completa che in Somalia chiamano gudniinka. Oggi è cittadina italiana, si è sposata nel '95 con l'architetto italiano Fabrizio Carola, presidente dell'associazione Nea (Napoli-Europa-Africa).

Confessa il trauma interno vissuto al momento del matrimonio: «Quando mi sono sposata non mi piaceva fare l'amore, non è che sono insensibile ma avevo paura, paura di provare dolore. È logico, se sono tutta chiusa come può avvenire la penetrazione? Quando arrivai in Italia le ragazze della mia età si divertivano, per loro avere rapporti sessuali non era una preoccupazione ma un piacere, mentre io li vivevo come un incubo. Quando domandavo alle ragazze somale sposate: "Come è andata con tuo marito?", loro mi rispondevano: "È andata male, molto male, abbiamo sofferto tanto, abbiamo provato dolore dappertutto fino alla testa, mamma mia quanto abbiamo sofferto!". Ecco perché io non volevo avere rapporti sessuali. Ed è allora che mi sono domandata: perché mi sono fatta infibulare?" Se non fossi infibulata tutto sarebbe stato più facile, il sesso, il parto, avere figli non sarebbe stato un problema». Dopo il matrimonio Fatima ha subito due interventi per farsi deinfibulare, ora gode di un'attività sessuale soddisfacente, vuole avere figli ma giura che mai e poi mai farebbe infibulare la propria figlia.


Modi e forme delle violazioni

ROMA - Il primo rapporto sull' infibulazione in Italia ha esaminato il caso di 147 donne di cui 27 ha subito l'infibulazione, che è l'escissione di parte o di tutti i genitali esterni e il restringimento dell'apertura vaginale, 34 è stata sottoposta all'escissione del clitoride con asportazione parziale o totale delle piccole labbra, mentre su 86 è stata praticata l'escissione del prepuzio con asportazione parziale o totale della clitoride. Sono queste, secondo la classificazione mondiale della sanità, le tre forme più diffuse di mutilazione sessuale genitale a cui sono state sottoposte 130 milioni di donne in tutto il mondo, mentre si calcola che ogni anno due milioni di donne subiscono questa pratica.

In Italia la Costituzione vieta espressamente qualsiasi violazione all'integrità corporea della persona ma non esiste ancora uno specifico reato contro l'infibulazione.


 
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view post Posted on 6/2/2011, 12:54     +1   +1   -1
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Fonte ANSA
Ong, vittime 8mila bambine al giorno
Bonino, viola diritti universali; parte raccolta firme per Onu
06 febbraio, 10:34


ROMA - "Decidi tu che segno lasciare". E' questo lo slogan, accompagnato da un'immagine che raffigura una lametta e una penna, della nuova campagna mondiale promossa da 'Non c'é pace Senza Giustizia per ottenere una risoluzione dell'Onu contro le mutilazioni genitali femminili. Una pratica che, secondo la Ong, ogni giorno viene inflitta a 8mila bambine nel mondo e che, fino ad oggi, ha coinvolto circa 150 milioni di donne. "Il nostro obiettivo è ottenere dall' organismo che rappresenta tutto il mondo la messa al bando di una pratica che viola i diritti universali", ha evidenziato la vicepresidente del Senato Emma Bonino nel corso della presentazione della campagna.

Oggi nei maggiori Paesi dell'africa sub-sahariana e in alcune capitali europee le donne di tutto il mondo celebreranno, con manifestazioni e dibattiti, la 'Giornata internazionale di lotta alle mutilazioni genitali femminili'. "E' una tradizione patriarcale, non religiosa, che non riguarda solo il continente africano" ma anche Paesi come "Bolivia, Indonesia, Kurdistan e Yemen. E coinvolge le comunità di immigrati in Italia", ha ricordato la Bonino, secondo la quale una risoluzione dell'Onu nel 2011 è necessaria "innanzitutto per fare chiarezza su ciò che è reato e ciò che non lo è" poiché in molti Stati la pratica è ritenuta legale. Ma una messa al bando ufficiale "serve anche a legittimare il lavoro delle attiviste che in Africa e nel mondo intero lottano contro le mutilazioni", ha aggiunto la leader radicale. All'iniziativa hanno aderito il ministero degli Esteri e quello delle Pari Opportunità, attrici come Claudia Cardinale e Franca Valeri, Claudia Gerini e la Onlus Enel Cuore, che ha contribuito alla costruzione di un sito web ad hoc. Tutti convinti che sia necessario raccogliere il maggior numero di firme possibili contro una pratica "discriminatoria e lesiva della dignità della donna", come sottolineato dalla Consigliere regionale del Lazio Isabella Rauti.

INMP, 2-3MILA BIMBE A RISCHIO IN ITALIA - "In Italia, ogni anno ci sono 2000-3000 bambine a rischio di essere infibulate". E' l'allarme lanciato da Aldo Morrone, direttore dell'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), alla vigilia della Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, fenomeno che interessa "30-35mila donne in Italia". "Essere a rischio non vuol dire che verranno infibulate - afferma Morrone - ma si tratta di bambine che provengono da Paesi a forte tradizione escissoria (Corno d'Africa, fascia sub-sahariana, Egitto e Sudan) e se non riusciamo ad intercettarle facendo conoscere alle famiglie la realtà italiana e la legge che vieta l'infibulazione, c'é la possibilità che questo numero passi da rischio a realtà". "Siamo a conoscenza anche di casi in cui, dopo un viaggio nei Paesi d'origine - prosegue Morrone - alcune bambine sono state infibulate. Su questo gli insegnanti possono svolgere un'azione di sentinella, osservando i comportamenti e i cambiamenti d'umore delle bambine". Il direttore dell'Inmp, istituto dove in 10 anni sono state assistite oltre 5mila donne infibulate, sottolinea che le mutilazioni non sono legate alla religione. "Il grande pubblico spesso associa le mutilazioni alla religione musulmana - afferma - invece, l'Islam, come il Cristianesimo, ha trovato questa pratica già diffusa in Africa".



Le foto successive, di GIOVANNI MAROZZINI, reportage Etiopia, da Affaritaliani.libero.it, potrebbero turbare chi è particolarmente sensibile all'argomento trattato. In questo caso se ne sconsiglia la visione.
La scelta di postarle nasce dall'esigenza di portare a conoscenza senza edulcorazioni una realtà terribile che in qualche modo va trasformata. Me ne assumo la responsabilità










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Campagna italiana contro le mutilazioni genitali femminili

 
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Piacenza. Padre porta le figlie in vacanza in Africa e le fa infibulare: la denuncia della madre.

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Che brutta brutta brutta tradizione tribale.
 
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